88) “Come proseguirà e come si concluderà il Sinodo 2024 ?”

 

A leggere alcune sibilline affermazioni contenute nel “Messaggio del Santo  Padre Francesco per la Quaresima 2024” c’è da essere abbastanza preoccupati.

“La forma sinodale della Chiesa, che in questi anni stiamo riscoprendo e coltivando, suggerisce che la Quaresima - così scrive Papa Francesco - sia anche tempo di decisioni comunitarie, di piccole e grandi scelte controcorrente…..nella Quaresima troviamo nuovi criteri di giudizio e una comunità con cui inoltrarci su una strada mai percorsa. Questo comporta una lotta…Alla voce di Dio…..si oppongono le menzogne del nemico….degli idoli” . Tra di questi, Papa Francesco, include, oltre al “denaro, a certi progetti, idee, obiettivi” anche una non meglio precisata “tradizione”. “Ogni essere umano avverte la seduzione di questa menzogna dentro di sé. E’ una vecchia strada…..non siamo in un’agonia, bensì in un parto; non alla fine, ma all’inizio di un grande spettacolo”.

Ma a quale “grande spettacolo” saremo costretti ad assistere a seguito di altre malaugurate  “grandi scelte controcorrente” ?.

89) "Ma io vi dico di non opporvi al malvagio" (Mt. 5, 39)

Ricorre in questi giorni il secondo anniversario dell’inizio della guerra russo-ucraina e si ripetono da più parti le unanime condanne all’invasione russa dell’Ucraina che ha provocato la sua giusta reazione  con la conseguenza di  una sanguinosa guerra con centinaia di migliaia di morti e devastazioni di intere città e villaggi: reazione ritenuta legittima ed inevitabile da tutti, compreso anche il Santo Padre Francesco.

Analogamente continuano a ripetersi le stesse condanne per quanto riguarda il conflitto tra Palestina ed Israele determinatosi a seguito del barbaro attacco eseguito contro Israele e dalla conseguente reazione di quest’ultima: alle unanime voci di condanna della ferocia messa  in atto dagli aggressori, si sono aggiunte alcune critiche, da parte soprattutto di qualificati esponenti della chiesa cattolica, nei confronti di Israele per aver reagito in modo sproporzionato rispetto all’attacco subito.

Si può, comunque, ritenersi pressoché  unanime il giudizio della legittimità, se non addirittura della necessità, della reazione agli ingiusti attacchi subiti, giustificando quindi l’uso delle armi, in difesa dei propri diritti, sempre che la reazione non fosse di una violenza sproporzionata rispetto a quella subita.

A proposito, poi, delle armi fornite, da soggetti terzi alla vicenda, a chi aveva subito l’aggressione si è più volte fatto riferimento, ipocritamente, alla circostanza che le stesse fossero da considerarsi “armi da difesa”: invero qualsiasi arma, in quanto tale, è destinata all’offesa, non si capisce, pertanto, come possa perdere tale connotazione se usata per contrastare un’aggressione.

Tutto questo mi sembra rientrare, nell’aspetto che qui interessa, correndo anche il rischio di un sempre possibile fraintendimento,  nei canoni della vecchia legge: “occhio per occhio e dente per dente”.

Da credente cristiano, allora, mi chiedo: ma Gesù Cristo non ha forse abolito la vecchia legge del taglione, invitandoci esplicitamente a non opporci al malvagio? Come si spiega, allora, l’allineamento della chiesa cattolica alla valutazione come sopra esposta dei conflitti presi in considerazione?

La risposta a tale domanda potrebbe pervenire da quanto affermato, nel Catechismo della Chiesa Cattolica, al capitolo relativo al quinto comandamento “non uccidere” .

Trascrivo qui di seguito quanto viene scritto, in tema di legittima difesa, a giustificazione dell’uccisione dell’aggressore.

“2263 La legittima difesa delle persone e delle società non costituisce un'eccezione alla proibizione di uccidere l'innocente, uccisione in cui consiste l'omicidio volontario.  Dalla difesa personale possono seguire due effetti, il primo dei quali è la conservazione della propria vita; mentre l'altro è l'uccisione dell'attentatore .  Nulla impedisce che vi siano due effetti di uno stesso atto, dei quali uno sia intenzionale e l'altro preterintenzionale.

2264 L'amore verso se stessi resta un principio fondamentale della moralità. È quindi legittimo far rispettare il proprio diritto alla vita. Chi difende la propria vita non si rende colpevole di omicidio anche se è costretto a infliggere al suo aggressore un colpo mortale: se uno nel difendere la propria vita usa maggior violenza del necessario, il suo atto è illecito. Se invece reagisce con moderazione, allora la difesa è lecita [...]. E non è necessario per la salvezza dell'anima che uno rinunzi alla legittima difesa per evitare l'uccisione di altri: poiché un uomo è tenuto di più a provvedere alla propria vita che alla vita altrui”.

Innanzi tutto va messa in evidenza  l’errata qualificazione di atto preterintenzionale all’uccisione avvenuta per legittima difesa in quanto l’autore risulterebbe “costretto” a compiere l’atto per difendere la propria vita, laddove non si intravvedono valide motivazioni per escludere che tale atto venga compiuto in piena coscienza e volontà (l’eventuale costrizione va, infatti, riferita alla volontarietà dell’atto e non al comportamento necessario per raggiungere un determinato fine); in altri termini e per maggiore chiarezza: il fine ben più che legittimo della difesa della propria vita non può in alcun modo escludere l’illeceità del mezzo usato (uccisione dell’aggressore), anche se necessario per il fine suddetto. Inoltre, sempre  secondo il Catechismo la responsabilità dell’autore dell’omicidio viene definita “illecita” nel solo caso in cui l’autore dell’omicidio “nel difendere la propria vita usi maggiore violenza del necessario”, mentre viene esclusa “se invece agisce con moderazione”. Già una simile premessa di difficile riscontro pratico per la sua evidente indeterminatezza può destare non poche perplessità: comunque, pur in tale limitato campo di indagine, la liceità dell’avvenuto omicidio per legittima difesa (e su questo punto, sempre nel Catechismo, viene richiamato il pensiero di San Tommaso d’Aquino, nella sua nota Summa) trova la sua motivazione nella considerazione che “l’amore verso se stessi resta un principio fondamentale della moralità; è quindi legittimo far rispettare il proprio diritto alla vita……….e non è necessario per la salvezza dell’anima che uno rinunzi alla legittima difesa per evitare l’uccisione di altri: poiché un uomo è tenuto di più a provvedere alla propria vita che alla vita altrui”.

Con tutto il rispetto dovuto anche ad un gigante della Teologia cattolica, come San Tommaso d’Aquino, mi sembra lecito concludere nel senso di ritenere assai poca cosa e, comunque, assolutamente inadeguata la motivazione come sopra riferita per mettere nel nulla l’esplicito e chiarissimo invito di Gesù Cristo (peraltro da Lui stesso messo in atto) di non opporsi al “malvagio” , ritenendo annullata la vecchia legge del taglione.

 90) L’inizio dell’universo e la sacra Sindone

 L’uomo , per sua natura, ha sempre desiderato conoscere, sapere tutto, rendersi conto della realtà che lo circonda, in altre parole è sempre stato alla ricerca della verità: con il progresso scientifico ed il conseguente accrescimento delle proprie conoscenze in tutti i campi, l’uomo ha sempre più ridotto i margini di ciò che gli era ignoto, pervenendo, a poco a poco, alla convinzione che, prima o dopo, riuscirà a scoprire tutto ciò che ancora non è oggetto di conoscenza.

         In questo delirio di onnipotenza l’uomo continua, pertanto, a non accettare che taluni grandi enigmi resteranno sempre non risolti e che  il massimo grado della loro conoscenza  consiste nel rendersi conto di tale obbiettiva impossibilità: tra questi, a titolo esemplificativo, vanno annoverati quelli relativi all’origine dell’universo ed alla sacra Sindone di Torino.

         Sull’origine dell’universo la scienza moderna, in massima parte, fa riferimento ad un primordiale big bang: che cosa lo formasse e che cosa abbia dato origine a quell'esplosione, essa non è, però, in grado di dirlo. Improvvisamente qualcosa sarebbe scaturito o avvenuto dal nulla? Gli scienziati continuano a scervellarsi al riguardo, ritenendo, ormai quasi all’unanimità, scientificamente provato che l’universo abbia avuto un’origine, collocabile nell’ordine di circa 14 miliardi di anni fa e, contestualmente, abbia avuto inizio lo scorrere del tempo che, come anche questo dimostrato, sussiste solo in presenza di qualcosa che si muova nello spazio, come sostenuto già da Sant’Agostino nel capitolo “il tempo” de “Le confessioni”, da considerarsi, sotto questo aspetto, precursore di Albert Einstein: ma, alla domanda di che cosa avesse causato questo evento o, meglio, che cosa ci fosse un momento prima, concordemente rispondono di non essere in grado di rispondere. Invero tale domanda risulta improponibile dato che dovrebbe necessariamente farsi riferimento ad un qualcosa di esistente prima che il tempo fosse. Le facoltà mentali dell’uomo, cioè di un soggetto che vive nel tempo, non possono, infatti, essere in grado di raffigurarsi e capire un soggetto esistente fuori del tempo: solo la fede può intervenire ad indicare un soggetto con tale qualità in un Dio creatore di tutte le cose.

         Accettando per fede tale conclusione, sorge, però, un’altra domanda: essendo essenzialmente tre le religioni monoteiste che credono in un Dio creatore dell’universo, quale di queste è la vera religione?

        Allontanando ogni tentativo di cercare quello che c’è in comune tra le tre religioni per addivenire ad un unico credo, tentativo oggi più che mai malauguratamente possibile, che inevitabilmente porterebbe, invece, alla loro estinzione, è sempre la fede a suggerire, a tale domanda, la giusta risposta, supportata da un’attenta coscienza individuale.

         Potrebbero, a tal fine, essere utili anche le seguenti osservazioni sull’altro enigma preso qui in considerazione, quello cioè della sacra Sindone di Torino.

         Venendo, quindi, a parlare dell’enigma relativo alla sacra Sindone di Torino, tralasciamo, in questa sede, ogni descrizione di tale misterioso oggetto (rimandando il lettore a quanto scritto ai nn. 17, 61, 68, 69 e 77 di questo mio sito) ,  limitandoci  all’esame degli accesi contrasti esistenti sui risultati ottenuti da tutte le numerosissime ricerche iniziate e proliferate da quando l’avvocato Secondo Pia, effettuando una fotografia del prezioso telo, scoprì che il negativo della lastra ottenuta metteva in chiara evidenza il positivo di detta immagine.

         Come è noto, sulla sacra Sindone, si contrappongono fin dall’inizio, due tesi: la prima che sostiene la sua falsità, opera di qualche valente falsario (attribuendola alcuni addirittura a Leonardo da Vinci) e, l’altra, secondo la quale il sacro telo sarebbe autentico ed avrebbe avvolto il corpo di Gesù Cristo, dopo la Sua crocifissione fino alla Sua Resurrezione.

         Secondo la mia modestissima opinione, entrambe le ipotesi presentano incontestabili elementi che mettono fortemente in dubbio la loro validità.

         Innanzitutto l’ipotesi della pretesa falsità non sembra avere alcun fondamento per la semplice constatazione, ormai quasi universalmente accettata, che il telo presenta numerosissimi e particolarissimi elementi assolutamente irriproducibili, anche con tutte le nuove tecniche oggi a disposizione, tanto da ritenere impossibile che un tale eventuale manufatto potesse essere prodotto da qualsiasi esperto falsario del 1300 (epoca della comparsa della Sindone).

Tra le numerose sperimentazioni effettuate sulla Sindone al fine di dimostrarne la falsità merita, comunque, particolare attenzione una ricerchia, che venne anche diffusa dalla Rai, condotta dai Prof. Garlaschelli e Matteo Borrini dell'Università di Liverpool al fine di verificare la compatibilità tra le tracce ematiche presenti sulla Sindone e la posizione del corpo della persona ivi raffigurata, al momento della produzione delle ferite dalle quali ne era scaturito il sangue. Il risultato di tale indagine (che frettolosamente e senza valide motivazioni venne dichiarata inaffidabile in quanto ritenuta commissionata dalla Massoneria) metteva in evidenza l'anomalia del percorso dei rivoli di sangue riscontrata su metà delle macchie di sangue presenti sulla Sindone, inducendo, pertanto, i due suddetti ricercatori a concludere sulla sua falsità. Gli autori di questo esperimento ( non nuovi a tali iniziative) usando dei manichini avevano simulato la fuoriuscita di sangue da alcuni punti (corrispondenti alle ferite presenti nell'immagine sindonica) per osservare come si fossero formati i successivi rivoli di sangue, considerando due diverse posture dei manichini: una verticale, corrispondente alla postura di un uomo crocifisso e, l'altra, orizzontale corrispondente alla postura di un uomo morto ed adagiato nel sepolcro. Veniva, con molta enfasi, svelata la....sconvolgente scoperta! Mentre alcuni rivoli (circa la metà) risultavano, nella Sindone,  compatibili con la posizione di un uomo crocifisso, tutti gli altri avevano un percorso diverso, manifestando un andamento anomalo ed innaturale e "non trovavano giustificazione con nessuna posizione del corpo, né sulla croce, né nel sepolcro" (con riferimento, in particolare, alla macchia che forma una cintura nella regione lombare e ad altri rivoli con percorso dal dorso verso il collo, non compatibili con nessuna delle due posizioni considerate); pertanto, detti rivoli dovevano ritenersi, secondo i due ricercatori, opera di un falsario con la conclusione, inevitabile, della prova della falsità della Sindone. Tale conclusione risulta, però, assolutamente priva di qualsiasi fondamento: basti osservare - particolare che non mi sembra sia stato preso in considerazione da parte di chi ha cercato di contestare l'asserita falsità della Sindone - che le ferite subite dal corpo di Gesù (dalle quali è fuoriuscito sangue, quando era ancora in vita) non sono state solo quelle inferte per la sua crocifissione (oltre a quella della lancia nel costato) ma anche quelle, molto più numerose, relative alla sua flagellazione, subita in una postura ben diversa da quelle sopra ricordate: come è noto, per tale supplizio, il condannato veniva legato ad un ceppo molto basso,  (ne è la prova nel ceppo presente nella chiesa di Santa Prassede di Roma, dell’altezza di circa 40 centimetri, ritenuto quello al quale venne legato Gesù per essere flagellato) sicché il suo corpo si presentava in posizione molto arcuata, con il capo all'ingiù, per mettere bene a nudo la schiena difronte ai flagellatori. In tale posizione (del tutto ignorata dai predetti sperimentatori), pertanto, le ferite inferte sulla schiena producevano sangue che risaliva verso il collo e, quindi, in direzione opposta a quella che sarebbe stata seguita qualora il condannato fosse stato in posizione eretta, mentre il sangue fuoriuscito dalle ferite inferte in una zona centrale e più in basso della schiena necessariamente seguiva percorsi laterali verso la parte anteriore del corpo e, quindi, in direzione innaturale a quella che sarebbe stata seguita qualora il sangue fosse scaturito da un corpo disteso in posizione supina (come erroneamente ipotizzato dai due citati sperimentatori). Ma c'è di più: infatti, l'osservazione secondo la quale le impronte di alcuni rivoli di sangue presenti nella Sindone presentano un andamento apparentemente anomalo, era già stata formulata alcuni decenni addietro! Padre Ildebrando Santangelo, infatti, nel suo libro "Certezze su Gesù", ultima edizione del 2014 (la prima è del 1992) aveva riferito che tale anomalia era stata rilevata da un illustre ematologo ricavandone, invece, una delle tante prove dell'autenticità della Sindone (per le motivazioni sopra ricordate circa la particolare postura del flagellato), dato che nessun falsario avrebbe mai commesso un tale apparente errore. Conclusione: la sperimentazione sopra descritta che tanto clamore aveva infondatamente suscitato altro non era che un'inconcludente e clamorosa bufala, da annoverarsi tra i molti vani ed, a volte, come il caso in esame, grotteschi tentativi posti in essere al fine di sostenere la falsità della sacra Sindone.

        Per quanto concerne, poi, la tesi secondo la quale il telo sindonico sarebbe autentico nel senso che, oltre a non essere opera di un falsario, avrebbe avvolto il corpo di Gesù, dopo la Sua morte in croce fino alla Sua Resurrezione, sussistono notevoli ed insuperabili incongruenze che la mettono in serio dubbio sulla base delle seguenti riflessioni.

         Il 31 luglio 2023, nella Chiesa di San Domenico in Chioggia, è stata aperta al pubblico  la mostra internazionale “The Mystery Man” , dedicata alla Sacra Sindone di Torino che comprende l’esposizione di una scultura, realizzata in lattice e silicone, che riproduce in grandezza naturale il corpo raffigurato nel suddetto sacro telo, sfruttando le sue qualità tridimensionali. Come è noto, infatti, da diversi anni venne scoperto che l’intensità della colorazione degli innumerevoli punti costituenti l’immagine sindonica era strettamente correlata alla distanza tra la tela e l’oggetto dell’immagine, sicché si rendeva possibile, sfruttando tale sorprendente particolarità, ricostruire fedelmente il corpo ivi raffigurato: si era già nel passato cercato di realizzare tale complessa operazione, ma  il risultato raggiunto non era mai pervenuto ad un tale livello di perfezione come evidenziato dal manufatto come sopra oggi esposto al pubblico.  La scultura rappresenta il corpo di un uomo straziato da innumerevoli ferite (tutte corrispondenti a quelle descritte nei Vangeli sulla passione e morte di nostro Signore Gesù Cristo), con il capo leggermente sollevato, le mani piegate  sul davanti ed una gamba flessa che indicano una persona non morta, ma viva che stia per alzarsi.

           Partendo dalla considerazione, condivisa pressoché dalla totalità dei sostenitori dell’autenticità della Sindone, secondo cui la formazione dell’immagine si sarebbe formata per proiezione del corpo sul telo (anche se con modalità non ancora ben chiare), dovendo scartare ogni altra ipotesi, la ricostruzione così come sopra realizzata con la produzione di una statua esattamente corrispondente all’immagine sindonica mette in chiara evidenza quale fosse la posizione del corpo del soggetto raffigurato nel momento dell’avvenuta ipotetica proiezione.

           Deve, pertanto, necessariamente convenirsi che, in presenza di una immagine sia del davanti che del retro del corpo, al momento della suddetta proiezione, il telo sindonico, al fine di evitare qualsiasi distorsione dell’immagine, dovesse trovarsi in posizione perfettamente distesa sia sotto che sopra il corpo e che  quest’ ultimo non dovesse, inoltre, giacere sul telo stesso (dato che, in tale caso, avrebbe comportato un conseguente afflosciamento dei glutei, cosa esplicitamente non riscontrata dai vari esami effettuati): il corpo sarebbe stato, quindi (come del resto esplicitamente ipotizzato dagli studiosi) da ritenersi galleggiante all’interno del telo. Inoltre, in tale veramente surreale posizione del corpo, galleggiante tra le due parti del telo, al fine di realizzare una soddisfacente stesura dello stesso, doveva intercorrere una distanza sempre uniforme tra le suddette due parti del telo e per tutta la sua estensione, almeno leggermente superiore allo spessore del corpo onde evitare qualsiasi contatto con lo stesso (che, dalle indagini effettuate, risulta sempre escluso) e, pertanto, avendo anche presente che sia il capo che una gamba appaiono leggermente sollevati, non inferiore a 20-30 centimetri, cosa assolutamente impossibile a verificarsi. Infatti, essendo l’immagine realizzata su di un unico telo (testa contro testa), si rileva, tra le due immagini contrapposte del capo, l’esistenza di uno spazio privo di immagine di soli 2 o 3 centimetri, assolutamente insufficiente a realizzare il suddetto necessario minimo distacco, attribuibile alla presenza intorno al capo di un sudario che, arrotolato su se stesso, fungeva da mentoniera al fine di mantenere la bocca chiusa (sulle modalità della sepoltura, v. un mio precedente scritto  al precedente n. 69 di questo sito dal titolo: “Cosa vide Giovanni nel sepolcro vuoto”).

          Invero il corpo di Gesù, al difuori della suddetta veramente “bizzarra”  quanto necessaria ricostruzione  al fine di sostenere l’ipotesi dell’impressione dell’immagine per proiezione, risultava giacere nel sepolcro, avvolto dal lenzuolo sindonico e  dalle sovrastanti fasce che mantenevano ben stretto il suo corpo. Come raccontato dai Vangeli, lenzuolo e fasce vennero trovati da Pietro e Giovanni afflosciati su sé stessi, in quanto privi del corpo di Gesù che contenevano, nella stessa posizione nella quale si trovavano all’atto della sua sepoltura: inoltre, il telo sindonico, come solo successivamente accertato, non presenta la benché minima sbavatura delle macchie di sangue, circostanza che attesta  come il corpo di Gesù si sia smaterializzato e, quindi, scomparso da detti bendaggi, senza che gli stessi siano stati minimamente rimossi da qualcuno (anche su tale argomento v. lo scritto su richiamato).

          Quanto sopra sembra sufficiente ad escludere l’ipotesi che l’immagine sindonica si possa essere prodotta per proiezione  per l’obbiettiva impossibilita del verificarsi di quelle necessarie ma irreali ed irrealizzabili condizioni sopra descritte (galleggiamento del corpo di Gesù tra le due parti dell’unico telo, sufficientemente distanti fra loro).

           Ma c’è di più. Come risulta descritto dai Vangeli, il corpo di Gesù, dopo la Sua morte in croce, venne ravvolto da un “candido lenzuolo” (inequivocabilmente identificabile con il telo sindonico) e così trasportato dal Golgota al sepolcro, distante circa 50 metri: è facile presumere che in tale tragitto (anche se abbastanza breve) detto lenzuolo si sia inevitabilmente macchiato di sangue per le innumerevoli ferite e lacerazioni  che ricoprivano tutto il suo corpo e così sia rimasto ed utilizzato per la sua sepoltura, avvenuta in fretta per le note esigenze imposte dalla religione ebraica in quel dato momento.

          In tale incontestabile situazione, l’impressione dell’immagine sindonica, nell’ipotetica modalità sopra descritta si sarebbe prodotta su di un telo non più “candido”,  bensì già ricoperto da macchie di sangue (con conseguenti sbavature determinate dall’inevitabile  sfregamento del corpo in occasione del suddetto tragitto) rendendo, in tal modo, sicuramente indecifrabile l’immagine: l’accurato esame del telo sindonico effettuato per decenni da parte degli innumerevoli studiosi non ha mai constatato, comunque, l’eventuale suddetta sovrapposizione.

          In tale situazione sembra che, nell’affannosa ricerca delle cause che hanno generato l’immagine sindonica, non resti altro che un'unica possibile ipotesi: quella del miracolo. Tale conclusione comporta, inevitabilmente,  l’impossibilità di ritenere che il telo di Torino possa coincidere con quello che avvolse il corpo di Gesù, dopo la Sua crocifissione.

           Sarebbe stato, pertanto, Gesù stesso, al fine di lasciare un segno tangibile della sua Passione, Morte e Resurrezione, ad imprimere sul lenzuolo sindonico (così come risulta sulla Sacra Sindone di Torino) la propria immagine, unitamente ad una lunga serie di ulteriori segni informativi su quanto era accaduto, molti dei quali non immediatamente percepibili e, forse, ancora da scoprire. D’altra parte, a chi gli chiedeva di “vedere un segno” di tutto quello che diceva, Gesù stesso rispose: “una generazione perversa ed adultera pretende un segno. Ma nessun segno sarà dato, se non il segno di Giona profeta” (Mt. 12: 38-4).

           Va, infine, notato come, riconoscendo che quanto raffigurato su quel telo vada ascritto ad un intervento sovrannaturale, ciò non ne diminuisca affatto il suo incommensurabile valore dato che, invece, per l’esatta corrispondenza di quanto ivi rappresentato con la narrazione dei Vangeli, costituirebbe una straordinaria,  unica, decisiva ed esclusiva testimonianza (che nessuna altra religione possiede) da custodire gelosamente che il Gesù reale, il Gesù storico in senso vero e proprio è proprio il Gesù dei Vangeli, quella Persona, cioè (unica al mondo in tutti i tempi) che di sé ha potuto dire: “io sono la Via, la Verità, la Vita”.


 91) Un'ulteriore riflessione sulla formazione dell'immagine

          Facendo seguito a quanto fatto presente  al precedente n. 90 sull’enigma della formazione dell’immagine impressa sulla sacra Sindone, ritengo che possa formularsi la seguente ulteriore   riflessione.

          Come è noto, nel 1988 tre rispettabilissimi Istituti (di Oxford, Tucson e Zurigo), scelti di comune accordo con le autorità ecclesiastiche al fine di individuare, con l’esame al carbonio 14, la data di origine del telo sindonico, pervennero  alla concorde conclusione (a seguito di accertamenti separatamente eseguiti) che tale data era da identificarsi intorno al 1300 (con lo scarto di soli pochi anni tra loro). Tale risultato venne ufficialmente comunicato dal Cardinale Ballestrero che esplicitamente accettò le conclusioni dei tre istituti, affermando testualmente che la Chiesa non poteva fare altro che prendere atto di quello che la scienza aveva riscontrato. Tale conclusione non risulta, comunque, mai smentita dalla Chiesa, anche se, successivamente, abbia attribuito la qualifica di “reliquia” al sacro telo.

          Dopo un primo inevitabile disorientamento provocato dalla divulgazione dei suddetti risultati che fecero riaffiorare e rinvigorire l’ipotesi di falso, nel senso che quel telo non poteva identificarsi con quello che aveva avvolto il corpo di Gesù Crocifisso, ci fu una violenta reazione da parte degli assertori della contraria ipotesi, basata su di una lunga serie di presunti errori commessi dai i tre suddetti istituti, con l’aggiunta, addirittura, dell’ipotesi di indimostrabili complotti.

          Tale situazione ebbe il risultato di far lievitare tutti gli studi tendenti ad accrescere, sotto ogni aspetto, la conoscenza scientifica dell’immagine sindonica: obbiettivamente, si deve rilevare che nessun incontestabile risultato sia stato raggiunto, su basi scientifiche, sulla determinazione  della data di origine del sacro telo, diversa da quella come sopra accertata.  incongruenze rilevate, la scienza dovrebbe pervenire alla irrazionale conclusione che un simile oggetto non può esistere: ma, per fortuna, esiste ed è realmente presente a Torino. Allora, l’unica soluzione possibile, come già sostenuto, al precedente n. 90, è quella del miracolo.

          In tale situazione, con riferimento all’accertamento effettuato con  l’esame al carbonio 14, mi sembra di poter formulare una riflessione davvero apparentemente sconcertante.

          Qualora, infatti, si ipotizzasse di accettare il risultato delle analisi ottenute nel 1988 dai tre istituti su indicati, nel senso di ritenere, cioè, che la data di origine del telo sindonico sia da identificarsi nel 1300 circa (cosa da non ritenersi aberrante, bensì del tutto possibile) tutto sarebbe risolto.

          Le conseguenze di tale ipotesi sarebbero le seguenti:

-il telo sindonico presente a Torino non sarebbe identificabile con quello che ravvolse Gesù crocifisso, né, quindi, ritenersi effetto, secondo le naturali leggi fisiche, della sua Resurrezione: ciò comporterebbe l’irrilevanza di tutte le varie ipotesi (tanto strenuamente difese, senza alcun risultato, dai vari loro autori) circa la formazione dell’immagine sindonica;

-la constatazione che l’unica soluzione possibile sulla causa originaria dell’immagine debba, per quanto come sopra fatto presente, essere ricercata in un evento soprannaturale;

-dato che, come del resto quasi da tutti accettato, l’uomo raffigurato nel telo (flagellato, crocifisso, morto e risolto) sia da identificarsi con Gesù, a quest’ultimo debba farsi risalire l’evento miracoloso  in questione, attribuendo, così, valore di Verità incontestabile di quanto ivi figurativamente decritto;

-sulla base di quanto come sopra fatto presente circa le Verità emergenti dal telo che corrispondono, nei minimi particolari a quanto narrato dai Vangeli, ne seguirebbe, quale logica e naturale conseguenza, la costatazione della veridicità dei vangeli stessi, costituendo (ribadendo le conclusioni già formulate nel precedente articolo) una decisiva testimonianza che il Gesù reale, il Gesù storico in senso vero e proprio è proprio il Gesù dei Vangeli.

             Un’ultima e definitiva conclusione. La resurrezione di Gesù, come da tutti convenuto, fu un evento ben diverso dalla resurrezione di Lazzaro: in quest’ultimo caso, infatti, Lazzaro risuscitò nel suo corpo mortale e, così, continuò a vivere fino alla sua morte naturale; Gesù, invece, nella sua resurrezione assunse un corpo glorioso, smaterializzandosi. Il suo corpo mortale, nello stesso attimo della sua resurrezione, svanì nel nulla e, pertanto, tale evento deve ritenersi sottratto a qualsiasi sensibile percezione, rendendo impossibile qualsiasi  sua “ripresa”; di conseguenza, ogni immagine, comunque realizzata di tale evento, necessariamente deve ritenersi non corrispondente ad un fatto fisicamente percepibile, anche se realmente avvenuto. Ogni indagine e ricerca, tendente a dimostrare che l’immagine sindonica possa essersi formata - sulla base delle svariate ipotesi formulate - come effetto naturale, secondo le leggi della fisica, della resurrezione di Gesù deve, di conseguenza, essere ritenuta inconsistente in quanto, appunto, relativa ad un evento (sparizione del corpo di Gesù contestualmente alla sua resurrezione)  assolutamente non percepibile.

            Quanto sopra conferisce maggior credito, oserei dire determinante, all’ipotesi del miracolo: sarebbe stato, quindi, lo stesso Gesù ad imprimere, miracolosamente quell’immagine visibile sul telo esistente a Torino, con tutte quelle irripetibili particolarità e raffigurazioni (davvero inspiegabili ed, a volte, obbiettivamente scientificamente incongruenti), quali segni tangibili per una puntuale ricostruzione della sua passione, crocifissione, morte e resurrezione.


92) Sacra Sindone: reliquia o miracolo?

Ritengo necessario, per quanto ovvio, premettere che le seguenti brevi considerazioni debbano ritenersi rivolte ai credenti nella resurrezione di Gesù ed a quanti, inoltre, siano convinti dell’autenticità del telo sindonico, nel senso che non sia frutto di un falsario.

       Sempre a proposito del problema mai risolto circa la formazione dell’immagine impressa sulla Sacra Sindone, va rilevato come, negli ultimi tempi la Chiesa (con riferimento a taluni interventi,  a partire da papa Giovanni Paolo II fino a Papa Francesco) abbia qualificato il sacro telo quale “reliquia” cristiana.

        E’ noto come con tale termine vengano identificati, in senso religioso, i resti corporali di personaggi di particolare importanza  (santi, beati, martiri…), ovvero oggetti d’uso, come capi di vestiario e strumenti vari, che abbiano avuto un contatto diretto con detti personaggi e che vengono custoditi e venerati in luoghi sacri.

        Il termine “miracolo” è, invece, riferito a fatti che si ritengono dovuti ad interventi soprannaturali, in quanto superano i limiti delle normali prevedibilità dell’accadere o vanno oltre le possibilità dell’azione umana.

        E’, allora, evidente che attribuire la qualifica di “reliquia” alla Sindone significa ammettere che la stessa abbia avvolto il corpo di Gesù e che, quindi, debba essere coeva alla sua resurrezione, con ciò, implicitamente, annullando la datazione (del 1300) riscontrata con l’esame del Carbonio 14 del 1988.

        Da quanto sopra emerge, però, un’evidente contraddizione nella posizione della Chiesa, dato che la stessa non ha mai contestato ufficialmente i risultati della predetta analisi (anzi, a suo tempo, li abbia addirittura accettati), limitandosi ad aderire alle numerose critiche, da più parti, avanzate.

        Obbiettivamente bisogna riconoscere che a tutt’oggi  non esistono prove fisiche    unanimemente accettate dalla scienza e neppure ricostruzioni temporali condivise dalla maggioranza degli storici, che siano davvero in grado di far risalire la storia della sacra Sindone ad un’epoca antecedente al XII secolo d.C..

         Per completezza espositiva, va aggiunto che, qualora dovesse, in ipotesi, ritenersi veritiera la datazione rilevata con l’esame del Carbonio 14, dovendosi escludere che l’immagine sindonica possa essere stata prodotta, secondo le normali leggi della fisica, in occasione della resurrezione di Gesù (secondo le varie ipotesi formulate dalla scienza e, comunque, sempre rimaste tali), ferma, anche, restando l’esclusione dell’opera di un falsario, per quanto concerne la formazione dell’immagine sindonica, non resterebbe che un’unica ipotesi: quella del miracolo, da tutti (ivi compresa la Chiesa) mai presa in considerazione.

        Nell’ipotesi, invece, che la datazione della sindone debba coincidere con l’epoca della resurrezione di Gesù, resterebbe sempre valida la possibilità di individuare la sorgente dell’immagine in tale straordinario evento: a parte i deludenti risultati ottenuti dagli innumerevoli tentativi effettuati dalla scienza per addivenire alla soluzione di tale problema, troppe sono, comunque, le incongruenze e le incompatibilità, nelle circostanze obbiettive di fatto, riscontrate nelle particolarità di tale immagine che rendono difficile, se non impossibile, tale soluzione. A quest’ultimo riguardo, basti riferirsi, in questa sede, al fatto non contestabile che, per essere impresso da un’immagine priva di distorsioni, il telo  sindonico dovesse necessariamente risultare ben steso in entrambi i lati, pulito e distanziato tra i suddetti due lati per una distanza almeno pari allo spessore del corpo, situazione non riscontrabile nel caso in esame: il telo, infatti, era in posizione di avvolgimento, a 360 gradi, del corpo di Gesù e, sicuramente, doveva ritenersi notevolmente macchiato di sangue (scaturito dalle oltre 200 ferite e, secondo le usanze ebree, raccolto nel lenzuolo) con notevoli sbavature (non riscontrate nell’immagine) procurate nel tragitto dalla croce al sepolcro e, così, sepolto senza essere stato lavato che avrebbero reso indecifrabile qualsiasi sovrapposizione di un ulteriore immagine; inoltre, trattandosi di un unico telo si rileva, nell’immagine, un distacco (testa contro testa) di soli 2 o 3 centimetri assolutamente insufficiente a realizzare quel minimo distacco come sopra previsto, per ottenere due immagini contrapposte, sempre nello stesso telo.

            In tale obbiettiva situazione, mi sembra di poter riaffermare quanto già fatto presente in un mio precedente articolo, nel senso di ritenere l’ipotesi del miracolo l’unica vera origine della formazione dell’immagine sindonica.

             Inoltre, dato che alcune volte alla Sindone è stata attribuita la qualifica di “icona” (anche da parte di Papi, come Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco) va rilevato quanto inadeguata, se non addirittura inappropriata, risulti tale qualifica in considerazione del fatto che, come ormai definitivamente accertato, non si tratta di un falso, né di un dipinto, né di un oggetto attribuibile ad un umano intervento per la sua irriproducibilità ed inspiegabilità.

            In conclusione, in considerazione, quindi, che l’evento miracoloso, come sopra dedotto, va riferito essenzialmente all’immagine presente sul telo sindonico e non al telo stesso, la cui datazione – comunque non supportata da prove inoppugnabili – è, pertanto, del tutto irrilevante, la Sacra Sindone, oggetto di rilevanza davvero straordinaria e di inestimabile valore, potrebbe essere considerata una: “immagine miracolosa di data incerta”.


93)Inutilità di nuove ricerche sulla datazione della Sacra Sindone


             Sul sempre attuale enigma, mai risolto, che avvolge la Sacra Sindone di Torino, da qualche tempo si va sempre più intensificando, da parte di numerosi ed anche qualificati scienziati e sindonologi, la riconosciuta necessità di procedere ad ulteriori ricerche al fine di poter pervenire ad una definitiva soluzione di tale problema.

             Partendo dalla considerazione che ciò che più ostacola il progredire delle ricerche è costituito dal noto risultato delle analisi svolte nel 1988 da parte di tre laboratori scientifici che attribuirono alla Sacra Sindone la data della sua origine al 1300 circa e che tale risultato risulta ampiamente contestato, in assenza, comunque, di valide argomentazioni sostenute da prove scientifiche, si è ora sostenuta la necessità di ripetere quell’esame, avvalendosi di nuovi e più sofisticati mezzi di indagine, offerti dalle nuove tecnologie oggi a disposizione.

             Su tale pretesa necessità è lecito, comunque, avanzare alcune fondate perplessità, dato che il vero enigma che avvolge la Sacra Sindone non è quello della sua datazione, bensì quello dell’origine dell’immagine e come quest’ultima si sia potuta imprimere su tale telo.

             E’, infatti, fuori dubbio che, una volta accertato (come condiviso dalla quasi totalità degli studiosi) che l’immagine sindonica non è opera umana, sulla sua origine non restano che due sole soluzioni: o quella che la individui come effetto naturale della Resurrezione, oppure quella che l’attribuisca ad un intervento sovrannaturale.

            E’, invero, di tutta evidenza che, di fronte all’impossibilità di soluzione del suddetto enigma, l’individuazione di una corretta datazione della Sindone non riveste alcun valore, dato che, mentre l’eventuale conferma di una datazione al 1300 escluderebbe definitivamente la correlazione dell’immagine alla Resurrezione di Gesù, nel caso, invece, in cui la datazione dovesse corrispondere all’epoca di Gesù, tale risultato potrebbe, al massimo, consentire l’attribuzione di reliquia al sacro telo, ma mai e poi mai sarebbe in alcun modo utile a risolvere (sia pure in minima parte) il problema della supposta origine dell’immagine, quale naturale effetto, secondo le leggi della fisica, dell’avvenuta suddetta Resurrezione.

           Difronte a tale alternativa, appare necessario prendere atto (sulla base di quanto raccontato nei Vangeli) della situazione di fatto nella quale si trovava la Sacra Sindone al momento della resurrezione di Gesù: il Suo corpo giaceva nel sepolcro, avvolto (da entrambi i lati) dal lenzuolo funebre e tenuto ben stretto ed aderente al corpo dalle sovrastanti bende. Pietro e Giovanni, entrati nel sepolcro vuoto, videro distintamente Sindone e bende afflosciate su sé stesse, segno evidente che il corpo di Gesù era misteriosamente scomparso al loro interno.

          Ritornando all’alternativa come sopra fatta presente, è lecito pervenire alla conclusione che debba scartarsi quella che identifica nella Resurrezione di Gesù la causa della produzione dell’immagine impressa sulla Sacra Sindone per le seguenti argomentazioni, fatte già presenti nei miei precedenti scritti e che qui, in breve sintesi, ripropongo:

  1. Dopo una lunghissima ed estenuante ricerca, protrattasi per quasi un secolo, il mondo scientifico che si è occupato dell’argomento, è sempre pervenuto alla conclusione dell’impossibilità di spiegare quale fosse la causa originaria della produzione dell’immagine sindonica, tanto da far affermare, da parte di un illustre fisico (Paolo Di Lazzaro) di trovarsi difronte ad una “Immagine impossibile”, anche se realmente presente a Torino;
  2. Inoltre la situazione di fatto, relativa alla posizione della Sindone al momento della Resurrezione di Gesù, come sopra richiamata, consente di pervenire alle seguenti ulteriori considerazioni:
  3. a)Sulla base di quanto ritenuto dal mondo scientifico che individua, nel lampo scaturito dalla smaterializzazione del corpo di Gesù, la fonte dell’immagine sindonica, è facile osservare che, nello stesso attimo della sua resurrezione, il Suo corpo svanì nel nulla e, pertanto, tale evento deve ritenersi sottratto a qualsiasi sensibile percezione, rendendo impossibile qualsiasi sua “ripresa”; di conseguenza, ogni immagine, comunque realizzata di tale evento, necessariamente deve ritenersi non corrispondente ad un fatto fisicamente percepibile, anche se realmente avvenuto. Ogni indagine e ricerca, tendente a dimostrare che l’immagine sindonica possa essersi formata - sulla base delle svariate ipotesi formulate - come effetto naturale, secondo le leggi della fisica, della resurrezione di Gesù deve, di conseguenza, essere  ritenuta inconsistente in quanto, appunto, relativa ad un evento (sparizione del corpo di Gesù contestualmente alla sua resurrezione)  assolutamente non percepibile.

          Quanto detto potrebbe bastare, ma c’è di più:

  1. b)Sempre secondo quanto rilevato dagli scienziati, l’immagine sarebbe stata prodotta con due diverse modalità: la parte relativa alle macchie di sangue, per contatto, mentre, quella relativa alla figura del corpo di Gesù, per proiezione, dato che, in caso contrario, l’immagine sarebbe risultata distorta (cosa non riscontrabile nella Sindone). Deve, pertanto, necessariamente convenirsi che, in presenza di una immagine sia del davanti che del retro del corpo, al momento della suddetta proiezione, il telo sindonico, al fine di evitare qualsiasi distorsione dell’immagine, dovesse trovarsi in posizione perfettamente distesa sia sotto che sopra il corpo e che quest’ ultimo non dovesse, inoltre, giacere sul telo stesso (dato che, in tale caso, avrebbe comportato un conseguente afflosciamento dei glutei, cosa esplicitamente non riscontrata dai vari esami effettuati): il corpo sarebbe stato, quindi (come del resto esplicitamente ipotizzato dagli studiosi) da ritenersi galleggiante all’interno del telo. Inoltre, in tale veramente surreale posizione del corpo, galleggiante tra le due parti del telo, al fine di realizzare una soddisfacente stesura dello stesso, doveva intercorrere una distanza sempre uniforme tra le suddette due parti del telo e per tutta la sua estensione, almeno leggermente superiore allo spessore del corpo onde evitare qualsiasi contatto con lo stesso (che, dalle indagini effettuate, risulta sempre escluso) e, pertanto, avendo anche presente che sia il capo che una gamba appaiono leggermente sollevati, non inferiore a 20-30 centimetri, cosa assolutamente impossibile a verificarsi. Infatti, essendo l’immagine realizzata su di un unico telo (testa contro testa), si rileva, tra le due immagini contrapposte del capo, l’esistenza di uno spazio privo di immagine di soli 2 o 3 centimetri, assolutamente insufficiente a realizzare il suddetto necessario minimo distacco, attribuibile alla presenza intorno al capo di un sudario che, arrotolato su se stesso, fungeva da mentoniera al fine di mantenere la bocca chiusa (sulle modalità della sepoltura, v. un mio scritto  al  69 del mio sito internet www.fedepell.it dal titolo: “Cosa vide Giovanni nel sepolcro vuoto”).
  2. c)La produzione dell’immagine, avvenuta con due diverse modalità, (per contatto e per proiezione) esclude la possibilità di sovrapposizione delle due diverse immagini, dato che l’immagine è unica;
  3. d)Le macchie di sangue impresse sulla Sindone riguardano anche quelle per le ferite subite sulle parti laterali del corpo di Gesù che risultano, invece, assenti nella raffigurazione solo frontale del Suo corpo;
  4. e)L’immagine del corpo di Gesù dovrebbe essere stata impressa su di un lenzuolo ben pulito, mentre lo stesso, necessariamente, doveva risultare notevolmente macchiato di sangue con relative sbavature (assolutamente assenti sulla Sacra Sindone) a seguito del trasporto dal luogo della crocifissione al sepolcro, cosa che l’avrebbe reso inevitabilmente indecifrabile ;
  5. f)Premesso che il lampo, ipotetica causa originaria dell’impressione dell’immagine (di limitatissima durata, pari a qualche miliardesimo di secondo come scientificamente supposto) si sia prodotto all’atto della Resurrezione di Gesù e, di conseguenza, l’immagine sindonica corrisponda a tale preciso momento, la raffigurazione, scientificamente ricostruita sfruttando le qualità tridimensionali del telo, mostra invece chiaramente (testa, gambe e braccia sollevate da terra che raffigurano il corpo di un uomo in atto di alzarsi) come tale immagine debba riferirsi ad un momento necessariamente successivo alla Resurrezione, cioè in un momento non coincidente con il detto lampo;
  6. g)In ogni caso, resterebbe sempre da dimostrare in base a quale sconosciuto principio fisico-scientifico la pretesa avvenuta proiezione dell’immagine sul telo sindonico possa aver generato tutte quelle specifiche particolarità, riscontrate in detta immagine, con esplicito riferimento (a solo titolo esemplificativo) alla sua tridimensionalità: a quest’ultimo riferimento va notato che tale effetto tridimensionale risulta realizzato con una diversa intensità della colorazione, proporzionale alla distanza del telo dal corpo (che, invece, era da ritenersi aderente al corpo di Gesù, al momento della Sua Resurrezione).

               Tutto ciò premesso porta ad un'unica soluzione: sarebbe stato, cioè, Gesù stesso, al fine di lasciare un segno tangibile della sua Passione, Morte e Resurrezione, ad imprimere sul lenzuolo sindonico (così come risulta sulla Sacra Sindone di Torino), con un proprio stupefacente intervento, la propria immagine, unitamente ad una lunga serie di ulteriori segni informativi su quanto era accaduto, molti dei quali non immediatamente percepibili e, forse, ancora da scoprire.

                Concludendo va notato come, riconoscendo la natura miracolosa dell’immagine impressa sulla Sacra Sindone, la ricerca del momento preciso di tale intervento divino è del tutto irrilevante: nulla, infatti, cambia se tale intervento fosse avvenuto sullo stesso telo che raccolse il corpo di Gesù (dopo, in questo caso, essere, sempre miracolosamente, divenuto “candido”) ovvero su di un altro telo del 1300.



        94) Un racconto fantastico: la Sacra Sindone non esiste

           

               

              Il persistere, da parte di diversi scienziati e sindonologi, nell’affannosa ricerca di una soluzione dell’enigma sulla formazione dell’immagine presente sulla Sacra Sindone che, a mio modestissimo avviso, non porterà mai, sul piano strettamente scientifico, ad alcun risultato positivo, ha provocato la mia fantasia a scrivere il seguente molto fantasioso racconto.

             

              Sulla base di una secolare tradizione che si tramandava da generazione in generazione, circolava un dettagliato racconto sul lenzuolo che aveva avvolto il corpo di Gesù,  dopo la Sua morte in croce,  quindi deposto nel sepolcro fino alla Sua Resurrezione. Secondo tale narrazione, il lenzuolo sarebbe misteriosamente comparso, solo qualche secolo successivo alla Resurrezione e, successivamente, dopo altri secoli sarebbe, scomparso in circostanze mai precisate. Su tale lenzuolo, nonostante la sua sparizione, persistevano, comunque, dettagliati e minuziosi riferimenti su quanto era ivi raffigurato sulla Passione, Crocifissione, Morte e  Resurrezione di Gesù, tanto da alimentare, da parte dei fedeli, un vero e proprio culto di detta immagine impressa su di un lenzuolo che, per altro, risultava misteriosamente sparito. Ciò non poteva essere ignorato dalla stessa Chiesa, anche in presenza di alcune critiche, secondo le quali taluni particolari presenti nella narrazione si presentavano tra loro contraddittori: al fine di dirimere ogni dubbio, si decise, pertanto, di dare incarico ad un qualificato gruppo di esperti in vari campi (fisici, medici e studiosi di antiche reliquie sacre) al fine di verificare l’attendibilità e l’ipotetica veridicità di quanto, da molti,  in buona fede creduto.

             

              Dopo un approfondito esame delle svariate particolarità attribuite al telo in questione dalla credenza popolare, il gruppo di esperti, all’unanimità, in una dettagliata relazione, nella quale aveva fatto emergere una lunga serie di incongruenze e contraddizioni rilevate sul dettagliato racconto delle particolarità presenti sul telo che si presumeva avesse ravvolto il corpo di Gesù, espresse il suo definitivo e convinto parere nel senso che il lenzuolo in questione non potesse contenere tutte le informazioni così come riferite nel noto racconto: in altri termini, affermò che, senza alcun dubbio, l’ipotetico telo in questione non poteva mai essere esistito.

                 Passarono diversi anni e del lenzuolo che, secondo una tradizione popolare, aveva avvolto il corpo di Gesù era rimasto solo un vago ricordo.

              Senonché, una mattina di una calda estate un pastore si presentò al parroco del paese portando con sé un piccolo scrigno di legno; il pastore raccontò che, a causa del gran caldo si era riparato in una grotta inesplorata; inoltrandosi in cerca di maggior refrigerio si era imbattuto in uno scrigno deposto per terra ed avendo visto il segno di una croce sul suo coperchio, ritenendo che contenesse qualcosa di sacro, si era recato dal suo parroco. Il sacerdote, sollevato il coperchio si accorse, con sua grande meraviglia, che nello scrigno era contenuto un lenzuolo sul quale era impressa una figura umana: allora, subito si ricordò del lenzuolo oggetto per tanto tempo della venerazioine dei fedeli. La Chiesa ritenne subito necessaria un'accurata indagine sul telo in questione, affidando ad un qualioficato gruppo di esperti di analizzarlo e studiarlo con la massima attenzione. Il risultato di tale indagine fu sorprendente: tutti presero atto che quel telo che avevano sotto i loro occhi presentava tutte quelle particolarità che il precedente gruppo di scienziati aveva giudicato più che sufficiente a ritenere che l'ipotetico telo non fosse mai esistito.............Fine del racconto